Omelia per il 50° della Caritas diocesana S. Nicola alla Rena dell'Arcivescovo di Catania

arcivescovo renna

Catania
20 giugno 2024

“La Caritas permette di dare del tu al povero”! Così si è espressa una volontaria durante la celebrazione della memoria del cinquantenario che ieri si è tenuta in Seminario. Questa testimonianza è la sintesi di una storia di amore, popolata dei volti di coloro che sono “diventati prossimo” dei loro fratelli e sorelle: la Caritas è la via della Chiesa che nel nostro tempo non delega a qualcuno il comandamento dell’amore e lo stile del Buon Samaritano, ma fa sì che sia tutta la Comunità si senta sorella dei poveri. In questi cinquanta anni la Caritas è stata come una maestra che ci ha educato e ci educa ad essere credenti; come una madre che ci ha resi fratelli e sorelle; ci ha donato di incarnare le virtù teologali.

Non ci deve sfuggire che San Paolo VI ha voluta che la Caritas non smarrisse mai, accanto all’impegno concreto per dare risposte ai poveri del nostro tempo, la sua funzione pedagogica, cioè fosse come una “maestra” per tutta la comunità. Mi immagino questa “maestra – Caritas” come colei che rincorre il sacerdote e il levita che sono passati oltre, con la fretta e la preoccupazione di correre al tempio e di non contaminarsi con un uomo ferito. Li raggiunge e dice loro: “Tornate indietro! Il Signore vuole che vi “sporchiate” le mani curando le ferite di quell’uomo che è stato malmenato e derubato! Vi sembrerà strano, ma il “lavabo” più efficace prima di alzare le mani nella preghiera ed offrire il sacrificio, è quello che è “imbrattato” da tutto ciò che comporta il servizio: le tracce dei pasti serviti nelle mense, lo sporco che rimane sugli asciugamani del servizio docce, la benda che ha avvolto una ferita!” La Caritas ci insegna e ci ha insegnato che non possiamo passare oltre le sofferenze dei fratelli, che il nostro cuore è chiamato a “spezzarsi” e a ritrovare la sua umanità, mettendosi nei panni del povero. A noi non è consentito non prendere sul serio quelli che popolarmente chiamiamo “i poveri Cristo”, perché quel nome per noi è sacro: Cristo”! Le collette nei tempi di emergenza, i centri di ascolto, le Caritas parrocchiali, le esperienze di volontariato: questa maestra ci educa allo stile del Buon Samaritano!

La Caritas è una madre che ci dà la possibilità di essere prossimo, o meglio fratelli e sorelle, amici di tutti. Tutto parte dal cuore: il Samaritano prova dolore, e scopre così che in esso c’è un filo impercettibile che lo lega all’altro, e che a volte l’indifferenza, un certo egoismo, le ideologie che

dividono l’umanità in razze e categorie sociali, sembra rendere sottile come quello di una ragnatela. Ma esso non può scomparire dal cuore dell’umanità, creata a immagine e somiglianza di Dio. Provare compassione significa recuperare la nostra umanità: “Farsi prossimo equivale a farsi umano, a decidere di essere uomo e di esserlo nella modalità delle relazioni e della prossimità”. (Luciano Manicardi). E quanto ti scopri umano senti il bisogno di creare relazioni: noi qui, a partire dal Vangelo proclamato e dall’Eucarestia che celebriamo, siamo fratelli e sorelle. Con questa madre cambia il modo di definirci: siamo fratelli e sorelle! Un grande psicoanalista francese, Jacques Lacan, diceva che l’uomo è un “parlessere”, un essere che parla, e con la sua parola definisce i suoi rapporti. Non dovremmo neppure più usare la parola “povero”, dopo che ci siamo avvicinati all’altro, perché è una parola che crea distanza. Dovremmo dirci e considerarci “fratelli”, e come ci ricorda papa Francesco: “L’attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa de desidero cercare effettivamente il so bene. Questo implica apprezzare il povero nella sua bontà propria, col suo modo di essere, con la sua cultura, con il suo modo di vivere la fede. L’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di servire l’altro non per necessità o verità, ma perché è bello, al di là delle apparenze”. (Evangelii gaudium, 199). Cari ospiti, quando noi vi incontriamo nelle mense, nei centri di ascolto, alla Locanda del Samaritano, incontriamo la vostra bellezza, Alfio, Agata, Salvo, Maria, e vogliamo ricordavi che siete belli; vorremmo avere lo sguardo della vostra mamma quando vi cullava e vi allattava. La Caritas ci rende fratelli e sorelle, che guardano alla bellezza dell’altro!

Infine c ricordiamo che la speranza ci permette di vivere tutte le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità. San Paolo ci ricorda che la più grande è la carità (I Cor 13,13) ma le tre virtù camminano insieme: la speranza “tira le altre”, dice il poeta Charles Peguy, ma è allo stesso tempo la carità quella che permette di guardare al futuro anche nelle situazioni più disperate, e la fede ci fa vedere nei nostri fratelli il volto di Cristo. Nella Caritas abbiamo la possibilità, come Chiesa, di tenere insieme le tre virtù, e di suggerire al mondo che solo nella carità che diventa giustizia possiamo trovare speranza per tutti.

Buon compleanno Caritas di Catania: sappi continuare ad essere maestra, madre, virtù incarnata nelle nostre comunità!

Luigi Renna Arcivescovo metropolita di Catania

 

relazione e formazione

 

aiuta la caritas

 

 

 

diventa volontario

 

sportello cerca lavoro

 

caritas italiana